Grazie professore per la celere risposta. Quello che stiamo cercando di fare e proprio portare Anna ad aprirsi alla possibilità di una cura, spingendola a scegliere in prima istanza un professionista di sua fiducia che le produca una diagnosi che possa accettare. Per farlo abbiamo fatto una scelta faticosa di condivisione in cui abbiamo affiancato i seguenti tre comportamenti:
1) renderle nota la situazione processuale, rendendole chiare le possibilità esprimendole il nostro parere ma lasciandole facoltà di scelta facendole incontrare gli avvocati ingaggiati da altri parenti e che lei non aveva mai conosciuto ( credo sarebbe inaccettabile x chiunque figuriamoci x un paranoico) siamo sempre stati sinceri x consentire di riscontrare da sola che ciò che dicevamo trovava un riscontro nei fatti ( ma anche xche siamo fatti così..:)))
2) chiaritole che in forma più o meno protetta la legge le consente di lavorare, mentre le era stato detto che se avesse cercato di lavorare sarebbe stata ‘rinchiusa’
3) chiarendole praticamente ogni giorno che il nostro supporto consiste nel farci parte diligente perché non vengano fatte cose a sua insaputa, con un limitato aiuto materiale ma non seguendola in ‘ battaglie che non condividiamo…
Lei e sempre stata una persona libera, che lavorava e girava il mondo,e noi abbiamo cercato di fare in modo che si riappropriasse dei suoi spazi di libertà