Psicoanalisi nella Brianza opulenta
Questa storia è esemplare perchè illustra bene come la 180 abbia creato nuove ed inaspettate differenze tra le classi. I poveracci vengono semplicemente ignorati. Nessuno si cura di loro e le famiglie passano la loro vita infernale nel disinteresse della struttura psichiatrica. Disinteresse che non significa sempre necessariamente totale abbandono, ma sicuramente quello scarso impegno, quel rifuggire dalle responsabilità che ha come risultato il degrado del malato e della famiglia.
Le famiglie di una certa agiatezza godono invece di un trattamento di riguardo: per un pò ci si interessa di loro. In quei primi anni in cui la malattia non si è ancora ben manifestata ed in cui quindi la famiglia proverebbe anche i riti Vodoo pur di avere qualche speranza, ecco che compare, magico, sulla scena la figura dello psicanalista. Attraverso di lui assistiamo al fenomeno della equalizzazione delle classi: la famiglia borghese viene adeguatamente spennata e per così dire proletarizzata. Gli sfortunati, ma anche incauti, genitori versano migliaia di euro per ridicole ” terapie di analisi familiare” in cui l’unico concetto ripetuto è che la colpa della malattia è loro e tutta loro. Quando è chiaro che la psicanalisi non serve assolutamente a niente e quando i fondi dei genitori si sono adeguatamente assottigliati, lo psicoterapeuta, indignato e furibondo, provvede a cacciare i genitori asserendo che loro non vogliono collaborare e quindi lui non può fare niente.
Vediamone un esempio classico nella opulenta Brianza.
La testimonianza che segue è ancora più interessante perchè i genitori sono due medici. Quindi persone in grado di difendersi e di capire cosa succede. Eppure anche loro diventano vittime di questo torbido sistema, in cui pullulano losche figure di parassiti e di truffatori.
Ma lasciamo parlare la mamma. Abbiamo alterato alcuni nomi. Peraltro dobbiamo dire che l’Ospedale in questione è stato oggetto di numerose denunce anche per gravi fatti di sangue.
Storia di Elena e della sua famiglia. I rapporti con l’ospedale della Brianza, con i reparti di Neuropsichiatria infantile e Psichiatria e con psicoterapeuti diversi .
Mia figlia ha iniziato a manifestare qualche disagio, quando aveva 15 anni.
Sembrava un momento di difficoltà dovuto all’adolescenza, ma su sua richiesta ha iniziato a fare incontri con una psicologa a Milano. La sua opinione era rassicurante, non vedeva grossi problemi .
Nel settembre dello stesso anno, alla ripresa della scuola ha attacchi di panico, la psicologa interpella uno psichiatra, in una seduta abbiamo la diagnosi : depressione, con un po’ di farmaco antidepressivo, guarirà.
In effetti assistiamo ad un miglioramento, continua gli incontri con la psicologa, siamo fiduciosi, con il senno di poi penso che fu allora che incominciò a vomitare dopo mangiato.
Il 2003 passa tra momenti difficili e altri più sereni, per la sua psicologa siamo alla fine della terapia.
Nella primavera 2004 Elena è più depressa e anche la psicologa passa dall’ottimismo alla drammaticità, bisogna assolutamente che riprenda il farmaco antidepressivo.
Disorientati da queste diagnosi così mutevoli, dalla guarigione all’aggravamento, io e il padre decidiamo di chiedere il parere di un altro psichiatra; anche per lui la diagnosi è grave depressione e ci consiglia il centro del Dott. Pallo, primario del reparto di neuropsichiatria dell’ Ospedale della Brianza.
Siamo nell’aprile 2004, primo incontro solo noi genitori, il grande luminare ci tratta come due poveretti, ” ma voi due scopate, non siete mica fraticelli “.
Mio marito aveva una grande fiducia nella psicanalisi e io troppi sensi di colpa per la malattia di mia figlia per avere parole adeguate alla risposta.
Un aiuto del grande primario, la dottoressa Del Prato vede Elena per 4 colloqui, il responso è che necessita di una terapia psicanalitica, la lista di attesa in ospedale è di due anni, naturalmente siamo spinti ad accettare il trattamento privatamente, da una giovane dottoressa del reparto, dottoressa Brambilla , senza una diagnosi , una prognosi ed un consenso informato alla terapia; dopo alcune sedute di prova, ci propone 3 sedute alla settimana nel suo studio a Monza.
Anche allora non ho avuto abbastanza forza per uscire da questo girone, anzi, dal momento che noi come genitori dovevamo curarci, iniziamo a fare una seduta alla settimana di terapia di coppia, prima in uno studio a Milano da una dottoressa del loro gruppo e poi con la dottoressa Del Prato, mentre era di guardia, ma privatamente, cioè pagando la sua parcella in nero. Non era pagata per seguire i pazienti del reparto ?
In quel periodo Elena mangia sempre meno, dopo la pausa estiva, alla ripresa delle sedute psicanalitiche pesa almeno 13 chili meno della primavera, ma questo dato non viene considerato. Non abbiamo ancora di tutto quel periodo una diagnosi scritta, e nessuna cartella.
Ottobre e novembre la vedono molto disturbata, non mangia, dorme poco, circa 6 ore a notte, ma per la curante va tutto bene; novembre primo ricovero in neuropsichiatria infantile. Per la dottoressa Brambilla il peggioramento è un buon segno, “Elena peggiora perché in miglioramento, capisce che può fare il salto verso il cambiamento ”
A quel punto abbiamo una cartella e la diagnosi ” disturbo di personalità di tipo istrioide con disturbo del comportamento alimentare “. Nessuno ci aveva informati che da depressione la malattia si era aggravata, eppure mia figlia era minorenne.
Alla dimissione continua però nella direzione dell’aggravamento, la vita in famiglia è difficile, come sa chi ha provato, abbiamo un’altra figlia minore di 2 anni di Elena, che soffre con noi.
In quei mesi dell’inverno 2004- 2005, iniziano gli accessi al pronto soccorso, per lavande gastriche, per abuso alimentare o ingestione di farmaci, Elena è ormai molto magra, ha perso i capelli, non ha più le mestruazioni da tempo, ha perso diottrie, la pelle è come quella di un ammalato di tumore.
Febbraio 2005, ulteriore ricovero, veniamo convocati dal luminare Pallo : ( non avendo mai fatto cartella dei colloqui non sapeva chi eravamo ) ” Vostra figlia sta peggiorando, siamo su un piano inclinato, cosa aspettate a darvi una mossa ? ”
Ancora oggi non so che significato dare a quelle parole, da 10 mesi ci eravamo rivolti al suo reparto, avevamo accettato e pagato le cure propostaci, cosa avremmo dovuto fare ?
Poi si rivolse a mio marito ” Lei va forse a letto con sua figlia ?”
All’incontro erano presenti anche le dottoresse Del Prato e Brambilla che non pronunciarono parola: in caso di un sospetto così grave avrebbero dovuto chiarire il dubbio all’inizio della storia non fare un’accusa del genere a genitori così provati.
Tentammo allora con un altro terapeuta , sempre uno psicanalista ( mi vergogno ora di questo perseverare ), un lacaniano, dott Barzanò di Milano.
Sedute non solo senza utilità, ma dannose perché il terapeuta in questione spingeva Elena a prendere iniziative contro il parere di noi genitori, iniziative che la ragazza non era in grado di sostenere .
Nell’estate Elena ha tentato un ricovero presso la comunità dell’ Aba. ( l’ABA è stata fondata da Fabiola de Clerc, anoressica bulimica, guarita dopo 18 anni con la psicanalisi !!, si dedica ad aiutare le ragazze con problemi alimentari e diffonde la sua teoria : l’anoressia è fame d’amore, ma quale persona e soprattutto quale adolescente non ha bisogno d’amore ? vedendo i risultati credo che diffonda la malattia più che la cura ).Dopo pochi giorni finì in un ospedale psichiatrico alla cintura di Torino, Villa Cristina, ci sarebbe da scrivere molto anche su quel posto, abbandonato in una grave incuria.
Sulla parete sopra il letto di Elena caccole di naso che simulavano un disegno a pallini, mosche morte sui vetri delle finestre, ragnatele ovunque, poi cibo nelle stanze, sotto i letti.
Alla fine nel settembre 2005 è stata ricoverata alla clinica di Monticelli terme, vicino Parma, Clinica Maria Luigia, diretta dal Dottor Arnone, finalmente un medico interessato e dedicato al suo lavoro. Medico che ha sempre risposto alle mie domande così come a quelle degli altri genitori, cercando di sostenere nella difficoltà Elena. Mia figlia è stata nella clinica per 5 mesi e mezzo, ottenendo un beneficio, finalmente riconoscevo mia figlia, la sua intelligenza, il suo cuore.
Purtroppo non ha mantenuto nel tempo i risultati e in alcuni mesi è ripiombata nel disturbo alimentare .
Al ritorno in Brianza era seguita dall’ ambulatorio del Dottor Zappa, e aveva colloqui da una psicologa, dottoressa Schettini, sempre del centro per i disturbi alimentari.
Dato che Elena aveva compiuto 18 anni, noi genitori non eravamo informati di come procedeva la cura, non sapevamo se andava agli appuntamenti oppure no, abbiamo dovuto di nuovo fare terapia di famiglia, terapia alla quale si è, per fortuna, sottratta la sorella.
Durante queste sedute ci è stata di nuovo propinata la teoria che è la famiglia la causa della schizofrenia, mi chiedo se alle madri dei bambini autistici attribuiscano ancora la colpa della malattia dei figli.
Io poi sono stata di nuovo inviata da una psicologa a Milano, che invece di parlare di mia figlia voleva le parlassi del mio lavoro o dei miei genitori !!
Arriviamo all’inverno 2008, senza vedere un po’ di apertura, in marzo torniamo dal dott. Arnone per un ricovero di un mese a Monticelli Terme.
Apparente e fugace miglioramento. Dopo di che Elena continua nella strada dell’anoressia e continua a perdere peso.
Mi rivolgo al San Raffele, al dott. Erzegovesi, che la ricovera nel mese di agosto a Villa Ombretta, ( Milano ) reparto per i disturbi alimentari.
Questa volta riesce a fare una vita accettabile per 15 giorni, continuando a mangiare pochissimo, pesa 30 chili per un’altezza di 1,52. So che c’è in giro molto di peggio, comunque era impressionante.
Riprende poi a mangiare e a vomitare, un disastro che non so se chi non ha vissuto riesce a capire, la vita quotidiana è travolta, si continua a fare piccole spese e non c’è mai nulla da mangiare, si spendono almeno 1000 euro al mese per cibo subito dopo vomitato.
Abbiamo provato tante strategie, non pagare i conti dei ristoranti, dei bar e delle pasticcerie, ma senza arrivare a risultati validi.
Dopo almeno 5 colloqui di 45 minuti ( a 100 euro l’uno ) Elena accetta un nuovo ricovero al San Raffele, questa volta deve essere per un periodo di 12 o più settimane, e deve raggiungere traguardi stabiliti dai medici.
Pur avendo firmato un consenso preventivamente discusso dopo 15 giorni sono state accettate le sue autodimissioni, perché lei è considerata capace di intendere e volere, ma essendo dipendente dalle abbuffate non era assolutamente libera riscegliere in quel momento.
Così è tornata a casa, e il nostro inferno quotidiano è ancora peggiorato, di nuovo pronto soccorso, abbuffate, vomito ,ingestione incongrua di farmaci per avere la lavanda gastrica, furti per procurarsi cibo.
Gennaio 2009, tenta un ricovero a Vicenza, sempre in una clinica per Disturbi alimentari, qui tocca il record, dopo 4 ore dall’ingresso è in un ristorante, il giorno successivo si autodimette.
Eppure io sono certa che una parte di lei vorrebbe essere aiutata a guarire, è lei che ha trovato questa clinica, è lei che ha fatto la valigia, ha bisogno di essere fermata per essere salvata.
In marzo nuovo ricovero al San Raffele, anche questo chiuso dalle sue autodimissioni. Avevo chiesto di non accettarle, che la famiglia non avrebbe sicuramente denunciato il loro comportamento, avrei scritto un atto che li autorizzava ad andare contro la sua volontà, avrei cercato di portare a termine la pratica di amministratore di sostegno. La risposta è stata che, per legge, Elena è libera di decidere anche con la pratica di amministratore di sostegno e il ricovero obbligatorio, il TSO è possibile solo nell’ospedale generale di residenza.
Il 6 aprile Elena è stata di nuovo ricoverata in Psichiatria in Brianza per tentato suicidio con dosi veramente preoccupanti di farmaci .
Il reparto è gestito malissimo, per definizione non si pongono scopi riabilitativi, gestiscono solo l’urgenza, i pazienti non hanno nulla da fare se non fumare e passeggiare, non sono previste attività né colloqui. In alcuni casi pazienti agitati sono legati al letto, così è successo anche a mia figlia; ho pensato che era più civile l’uso negli ospedali psichiatrici pre-psicofarmaci di chiudere i pazienti in una stanza dove potessero urlare senza farsi male, né fargliene, con i mezzi di contenzione.
Pur essendo un caso grave e conosciuto è riuscita anche da lì a uscire, questa volta scappando. La sua decisione non ha in nessun modo preoccupato lo psichiatra di guardia, in quanto libera scelta di Elena !
Dopo quasi due mesi è stata dimessa e mandata a casa in attesa di un posto in una comunità riabilitativa.
All’uscita non solo non era migliorata ma era peggiorata:
una delle causa l’eccessiva prescrizione di farmaci ad azione sul sistema nervoso centrale, antidepressivi, antipsicotici, ansiolitici, e farmaci stabilizzanti dell’umore, gradualmente le ho sospeso questa terapia dalla quale non si erano avuti gli effetti sperati, ho ottenuto un effetto positivo sulle sue capacita mentali, permane invariato e invalidante il disturbo alimentare.
Adesso non sono ottimista sul futuro ingresso di Elena in comunità, per il motivo che anche lì lei potrà in qualunque momento decidere di interrompere il ricovero, passeranno quindi pochi giorni o forse poche settimane e la sua dipendenza dalle abbuffate, così come una tossicodipendenza ,la spingerà ad uscire . Come si può uscire da questa situazione ?
Grazie dell’ascolto
Piera