Fratello psicotico – responsabilità fratelli
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25 Agosto 2019 alle 5:22 PM #1331MAURIZIOPartecipante
Buongiorno avvocato,
le descrivo brevemente la situazione in cui mi trovo chiedendole cortesemente un parere legale. Sono il fratello di un paziente psicotico. Mio fratello negli ultimi 10 anni ha subito vari TSO ma ha sempre rifiutato non solo le cure ma anche l’esistenza stessa dei propri disturbi.Nel corso di questi anni mi sono battuto, anche grazie ai preziosi consigli tratti da questo sito, contro un centro di salute mentale totalmente inetto che interveniva esclusivamente a seguito delle mie denunce per lettera. I medici di quel CSM hanno una concezione che definirei da “sportellisti di banca”, intervengono soltanto se il paziente si rivolge a loro, una indifferenza che si è esercitata anche a seguito di episodi gravi e degli stessi TSO. Proprio a seguito di tutte le mie mirate e dettagliate denunce, nel 2012 questi medici, percependo evidentemente di trovarsi in una situazione critica, decidono di rivolgersi al giudice. La giudice nomina un amministratore di sostegno. Mio fratello continua a rifiutare le terapie farmacologiche ma, sentendosi sotto la pressione dell’amministrazione di sostegno, partecipa a tutti i colloqui con la psichiatra. L’amministratrice di sostegno, da quel che ne so, nel corso dei tre anni in cui ha esercitato la sua funzione, inviava al giudice delle relazioni positive circa mio fratello. Le dico che mio fratello, almeno negli anni scorsi, durante le sue crisi, prima aggrediva noi familiari o distruggeva gli arredi di casa, poi quando chiamavamo le autorità si calmava immediatamente oppure fuggiva, facendo fallire la richiesta d’intervento. Oltre a tutti i TSO attivati, ce ne sono stati molti altri falliti. Tra il 2012 e il 2015 è stato più o meno relativamente calmo perché lui stesso dichiarava di sentirsi sotto minaccia della esistenza di questa amministrazione di sostegno. A giugno 2015, non so per quale motivo, l’amministratrice chiude l’amministrazione di sostegno. Due o tre giorni dopo mio fratello, di notte, ha una crisi tale come non aveva avuto nei tre anni precedenti, i vicini chiamano le autorità, c’è stata una colluttazione più o meno violenta al punto che i carabinieri hanno estratto le pistole per coartarne la volontà ed effettuano un TSO. Le autorità lo hanno denunciato per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, presentando 7 referti medici in cui certificano di essersi feriti durante questo episodio. Al termine del TSO mio fratello ritorna a casa e il CSM scompare nuovamente.
Quella notte del 2015 raggiunsi la consapevolezza che in quegli anni avevo fatto tutto il possibile e non c’era più niente che potessi fare per il futuro. Non a caso il CSM dal 2015 ad oggi non è mai più ricomparso nella vita di mio fratello, che intanto sta aspettando il processo per i reati che le dicevo e le cui crisi, per fortuna non ai livelli di quella notte, pur tuttavia continuano. Proprio qui si inserisce la domanda che le rivolgo.
Io non intendo più essere coinvolto, né direttamente né indirettamente, in questa situazione, anche perché è compito dei miei genitori occuparsene e fin troppo mi sono inserito in questa storia, sia quando vivevo ancora con i miei, sia anche dopo che sono andato a vivere da solo. Mio fratello mi odia apertamente ritenendomi il responsabile di tutto ciò che gli è accaduto in questi anni. Sono appunto 10 anni che non ci rivolgiamo la parola.
Non ho idea di come andrà questo processo e del resto non mi interessa, mio fratello ha i suoi avvocati, come non mi interessa più se, quando e quali interventi, i medici presenti o futuri vorranno attuare nei suoi confronti. Le denunce dei miei anni scorsi parlano per me nel dettaglio. Dal 2015 ad oggi ho avuto anche problemi di salute gravi, ho dovuto ricorrere ad un intervento chirurgico, e dunque voglio starne definitivamente fuori.
Le chiedo:
come posso tutelarmi da questa situazione, soprattutto quando un domani non dovessero esserci più i miei genitori?
Posso semplicemente ignorare la questione, non vivendo nemmeno nella stessa casa della mia famiglia?Il mio timore è che in futuro un giudice o qualche altra autorità mi obblighi a dovermi occupare di mio fratello, di questa storia, se non addirittura a doverlo sostenere economicamente, visto che tra le altre cose mio fratello si rifiuta di cercarsi un lavoro per mantenersi.
Posso semplicemente rifiutarmi di rispondere a eventuali chiamate/lettere/visite da parte di autorità varie o c’è qualcosa di legale che devo fare per non esserne coinvolto?
Mi preme farle percepire che vivo la questione in termini molto pragmatici, se non proprio spiccioli, per cui le chiedo un suggerimento che vada anche al di là delle formalità, ovvero, è necessario che io mi trasferisca all’estero senza dare notizia alcuna dei miei futuri spostamenti, perché tanto al di là di tutti i bei discorsi che si possono fare in questo paese, la soluzione più pratica che evita ogni problema sarebbe quella, o posso continuare qui la mia vita con strumenti di tutela?
Ovviamente in questa domanda è volutamente trascurato il piano morale. Come le dicevo, negli anni scorsi ho fatto veramente tutto il possibile, ho più volte proposto varie soluzioni, tra cui quella che considero come base di partenza per ogni eventuale considerazione successiva, ossia il trasferimento di mio fratello altrove, ci ho perso letteralmente la salute e dunque ora sono al di là dell’aver dichiarato la sconfitta. E da un altro punto di vista lo reputo anche un estremo tentativo di sollecitare un’assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori. Quale che sia l’esito della storia di mio fratello, non potranno dire che non li avevo avvisati per tempo. La ringrazio se vorrà farmi la gentilezza di fornirmi un suggerimento.
28 Agosto 2019 alle 12:14 PM #1332Silvia De SanctisModeratoreGentile Maurizio,
mi spiace moltissimo di questa situazione così difficile e dolorosa…
Cerchiamo di chiarire la sua situazione e quali sono gli obblighi di un fratello.
Le disposizioni di riferimento sono gli artt. 433 e ss del codice civile, che regolano la tradizionale materia degli “alimenti”, il “resto” (quello, cioè, che va oltre il necessario per la vita) è avvertito essenzialmente come dovere morale e si tratta, quindi, di obbligazione naturale senza obbligo giuridico.
Lo stesso art. 433 prevede la “graduatoria” delle persone tenute agli alimenti dei propri parenti, a seconda del grado di parentela e quindi di vicinanza familiare:
• il coniuge;
• in sua assenza, i figli
• in loro assenza, i nipoti
• in loro assenza, i genitori
• in loro assenza, generi e nuore
• in loro assenza, suocero e alla suocera
• in loro assenza, fratelli e sorelle
Chi chiede gli alimenti a un obbligato in ordine successivo (ad esempio ai figli) deve dimostrare che gli obbligati di grado anteriore (ad esempio il coniuge) non hanno la possibilità economica di adempiere, in tutto o in parte, alla loro obbligazione.
Quindi, una persona che non è sposata e non ha figli – e quindi neanche nipoti, generi, nuore, suoceri e suocere, deve rivolgersi direttamente ai fratelli o sorelle.
Affinché fratelli e sorelle – o gli altri familiari stretti appena elencati – siano tenuti a versare gli alimenti, è necessario che il richiedente dimostri:
• di trovarsi in un reale stato di bisogno fisico e/o economico. Tale situazione si verifica quando vi è una assoluta impossibilità a provvedere alle esigenze fondamentali della propria vita, per assenza di un patrimonio e per mancanza “involontaria” di un lavoro ;
• di non essere in grado di provvedere, in tutto o in buona parte, al proprio sostentamento.
La legge non fissa una misura per gli alimenti. Il codice dice solo che il diritto agli alimenti è limitato al necessario per la vita di chi lo richiede, considerando la sua posizione sociale. Dunque gli alimenti devono essere innanzitutto rapportati alle condizioni economiche di chi li versa; in secondo luogo devono tenere conto dei bisogni del richiedente. Di norma, però, si tratta di un piccolo contributo rivolto solo a pagare i beni di stretta necessità.
L’art. 439 cc, infatti, restringe la misura del mantenimento, specificando che gli alimenti, tra fratelli, sono dovuti “nella misura dello stretto necessario”.
Non conosco un modo per “evitare” o tutelarsi preventivamente da quanto sopra…andare all’estero? non saprei…
Un abbraccio
Silvia17 Settembre 2019 alle 9:59 AM #1334MAURIZIOPartecipanteBuongiorno avvocato,
la ringrazio per la celere risposta che ho letto con molta attenzione. Posso dedurne quindi che al di là della questione alimenti nessuno può vincolarmi a occuparmi del caso di mio fratello quando i miei non ci saranno più perché rientra in una dimensione esclusivamente morale senza obbligo giuridico, ho capito bene?
Ovvero: se un domani mio fratello dovesse avere delle crisi, attuare episodi di violenza o qualunque altra cosa, nessuno mi sveglierà alle tre di notte per dirmi “vieni, stiamo ricoverando tuo fratello, ecc” o cose di questo tipo; nessuno mi convocherà per discutere di piani di cura, progetti terapeutici, terapie farmacologiche, ecc. e soprattutto nessuno potrà obbligarmi alla eventualità di doverlo ospitare in casa mia, posso stare giuridicamente tranquillo su questo piano?
Posto che i miei stanno provvedendo a fornirgli una abitazione proprio per queste eventualità future, la questione alimenti mi preoccupa meno perché in primis il suo orgoglio non gli consentirà mai di chiedermi alimenti, e in secondo luogo resta il fatto che il suo è un rifiuto volontario di cercarsi un lavoro quando è perfettamente in grado di farlo, e soprattutto quando i medici hanno sempre ritenuto che sia più che perfettamente in grado tanto di lavorare quanto di riprendere gli studi interrotti. La ringrazio se vorrà confermarmi questa ulteriore precisazione. Cordiali saluti. -
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