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21 Febbraio 2017 alle 5:55 PM #909MassimoPartecipante
….da circa 3 anni mio figlio (24 anni) dopo vari passaggi da psicologi e psichiatri,
è attualmente in un centro riabilitativo (2 settimane) convinto con molta insistenza da noi (genitori ) e psichiatra del C.S.M. di Rho ( MI ). Naturalmente dopo un giorno voleva già tornare a casa.
In tal posto è arrivato a causa di recenti episodi (rabbia), che ci hanno costretto a chiamare il 118 e quindi pronto soccorso (no t.s.o.) poiché è stato alla fine collaborativo.
In questi 3 anni mio figlio a lavorato sporadicamente , ma purtroppo le sue condizioni non gli permettono di svolgere un lavoro con regolarità e serietà, in poche parole in queste condizioni non può lavorare.
Una diagnosi certa , attualmente non gli è ancora stata fatta, si parla di depressione, disturbo dell’umore, disturbo bipolare ecc.
Nel Centro Riabilitativo dove si trova ora non potrà e forse non vorrà stare a lungo….comunque sia, uscirà.
Attualmente dimora con noi genitori e fratello (20 anni).
Io sono operaio, mia moglie impiegata, ho un mutuo e altre incombenze che quasi tutte le famiglie italiane hanno.
Come dipendenti privati e cittadini italiani rientriamo in quella categoria di “spremuti” sino all’ultima goccia (pagato sino all’ultimo cent. le tasse).
Ora che abbiamo bisogno di aiuto noi, ho forse mio figlio come malato, chiedo se per legge non abbia diritto ad un sussidio o accompagnamento ed eventualmente a chi rivolgersi. Scusate il brusco inizio…Buona giornata, papà Massimo9 Aprile 2017 alle 12:43 PM #935Silvia De SanctisModeratoreGentile papà Massimo,
mi sembra di capire che al momento suo figlio sia in casa con voi e che il quesito principale sia quello sulla eventuale indennità di accompagnamento.
A tale proposito, l’indennità di accompagnamento è una prestazione eccezionale erogata dall’INPS a favore degli invalidi civile. Viene riconosciuta ai soggetti che presentino un’invalidità al 100% e ai soggetto mutilati che non siano in grado di svolgere in autonomia le azioni di vita quotidiana.
A far sorgere dubbi sulla possibilità di estensione dell’indennità di accompagnamento anche ai soggetti che presentino patologie di carattere neurologico e mentale è il requisito richiesto dell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore o l’incapacità di compiere gli atti di vita quotidiana.
A togliere ogni dubbio al riguardo è stata la Corte di Cassazione che, con la sua sentenza n. 5031 del 2016, ha chiarito che l’indennità di accompagnamento deve essere riconosciuta anche a chi, pur essendo capace di compiere gli atti della vita quotidiana, necessita comunque della presenza costante di un accompagnatore a causa di gravi disturbi nella sfera intellettuale o cognitiva tali da non renderlo in grado di svolgere tali atti nei modi o nei tempi adeguati per salvaguardare la propria salute e dignità.
Perciò si può affermare che l’indennità di accompagnamento deve essere riconosciuta anche ai malati psichici.
Per quanto riguarda l’importo di tale indennità erogata dall’INPS, nel 2017, visto l’aumento del costo della vita, è salito a 533,22 euro al mese.
Ricordo che l’invalidità deve essere, anche per le malattie psichiche, al 100% e ricordo, inoltre, che l’indennità di accompagnamento, è compatibile con lo svolgimento di attività lavorativa e che non sono previsti limiti di reddito.
Per presentare la domanda:
– chiedere al medico di famiglia il rilascio di un certificato medico che attesti la % di invalidità;
– trasmettere l’apposito modulo di domanda dell’indennità all’INPS (anche tramite caf o patronato);
– l’Inps fissa una visita medica presso la commissione medica Asl;
– attestata la presenza dei requisiti necessari la commissione medica trasmetterà la documentazione all’INPS che potrà provvedere al pagamento dell’indennità di accompagnamento.buona fortuna…
un abbraccio.
Silvia
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