Silvia De Sanctis
Risposte nei forum create
-
AutorePost
-
Silvia De SanctisModeratore
Gentile Stefania,
Sul Suo argomento purtroppo ci sono opinioni contrastanti…
Con ordine:
1) sono legalmente incapaci di agire i minori di età e i maggiorenni che hanno una abituale infermità di mente di gravità tale da rendere la persona incapace di provvedere ai propri interessi (art. 414 cc). Il rappresentante legale (tutore) agisce in nome e per conto (nell’interesse) dell’incapace, cioè l’atto compiuto dal tutore produce effetti nella sua sfera giuridica.
La giurisprudenza più recente, tuttavia, ritiene che il potere di rappresentanza del tutore non si estenda agli atti “personalissimi”(matrimonio, testamento, cure mediche…), facendo rientrare tra tali atti il concetto di scelte di cura. L’atto personalissimo è ritenuto, da questa parte di giurisprudenza, quel l’atto che non può essere compiuto da altri se non dal diretto interessato, negando così la possibilità di attribuire il potere di compierlo ad un tutore.
Secondo , invece, la giurisprudenza più “vecchia” il tutore potrebbe compiere anche gli atti personalissimi riguardanti le scelte fondamentali di vita della persona bisognosa.
Quanto sopra da n punto di vista totalmente generico; nel sito caso in particolare bisognerebbe per lo meno leggere l’atto di nomina del tutore dove, di solito, sono stabiliti limiti e doveri dello stesso.
2) il dovere dei genitori di “mantenere, istruire ed educare i figli- fino al raggiungimento dell’indipendenza economica ( non della maggiore età) è principio indiscutibile dell’ordinamento giuridico.
L’art. 337 septies cc prevede che ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applichino interamente le disposizioni in favore dei figli minori”. Si ritiene che vada esteso al maggiorenne grave disabile, anche psichico, primo tra tutti, il diritto al mantenimento, alle “cure e assistenza ” da parte dei genitori (anche sul piano penale l’art. 570cp sanziona l violazione degli obblighi di assistenza familiare).
Detto questo, chiaramente, sua mamma ben potrebbe, meglio con l’aiuto di un avvocato, “costringere” i medici del cps a prendersi cura del malato, anche a domicilio o, qualora ci fosse la documentazione idonea, a fare un esposto alla Procura per ottenere l’internamento coatto presso qualche struttura o, ancora, un ricovero in Tso di durata maggiore di 7 giorni…
Spero di essere stata di qualche aiuto in un argomento poco chiaro per tutti…
Un abbraccio.
SilviaSilvia De SanctisModeratoreGentile Chiara,
Non ho capito se suo zio, in teoria, è seguito da una struttura territorialmente competente; un Cps? Cosa fa lo psichiatra della struttura?segue lo zio malato?Non mi sembra proprio… Dunque:
1) iniziate subito a mandare una raccomandata “minacciando” un esposto e, a seguire, in caso di mancato esito, fare seguire un esposto alla Procura della Repubblica per obbligare il medico che non cura il paziente a farlo. I CPS si DEVONO occupare della salute mentale di persone maggiori di 18 anni in tutti i loro aspetti (visite anche a domicilio, prescrizioni, farmaci, assistenza presso ospedali o strutture speciali…)
2) il Giudice può disporre che un paziente psichiatrico venga mandato in una struttura : per ottenerlo dovete fare denuncia ai Carabinieri ed alla Procura (purtroppo, meglio con l’aiuto di un Avvocato) spiegando e documentando tutta la situazione;
3) il TSO ha una durata massima di 7 giorni ma può essere prorogato , su richiesta dello psichiatra, prorogato più volte (non c’è , per legge, un numero massimo di volte.
Spero tanto che, purtroppo per la realtà italiana, tramite alcune delle modalità di cui sopra piuttosto “dure”, la situazione di suo zio si sblocchi….
Un abbraccio.
Silvia3 Luglio 2017 alle 11:27 PM in risposta a: cosa fare se un padre non si occupa del figlio disabile #971Silvia De SanctisModeratoreCara signora,
diciamo subito che il dovere di entrambi i genitori di “mantenere, istruire ed educare i figli – fino al raggiungimento dell’indipendenza economica (e non della maggiore età)- e’ principio indiscutibile dell’ordinamento giuridico e si applica anche ai genitori che si separano.
Nella lettera non mi parla di nessuna decisione assunta nell’interesse del figlio da parte del Giudice, da cui ne deduco che in questi anni se ne è’ fatta carico interamente lei.
L’art.337 septies del cc prevede che “ai figli maggiorenni portatori di handicap grave si applichino interamente le disposizioni previste in favore dei figli minori”.
L’opinione prevalente in giurisprudenza ritiene che vada esteso al maggiorenne gravemente disabile (anche psichico), primo fra tutti, il diritto al mantenimento, alle cure e assistenza da parte dei genitori che, si badi bene, non si prescrive mai, il che significa che può essere azionato in qualsiasi momento, anche se, come mi pare di capire nel suo caso, non sia stato mai richiesto prima.
Ciò premesso, quello che posso consigliare, anche in considerazione della delicatezza del caso, è di rivolgersi ad un Avvocato che possa aiutarla nel percorso per obbligare il padre ad assumersi le sue responsabilità non solo economiche ma anche di “cure e assistenza”.
L’Avvocato potrà chiedere al Tribunale di porre a carico del padre un contributo economico che terrà conto della situazione patrimoniale di suo figlio (eventuale pensione di invalidità, ecc – ma senza tener conto dell’eventuale accompagnamento perché ha carattere assistenziale, indipendente rispetto al mantenimento dovuto dai genitori), delle sue necessità, del suo stato di salute e delle possibilità economiche del padre.
Il procedimento in Tribunale prevede l’adozione di provvedimenti provvisori e urgenti e, quindi, i tempi sono molto più brevi di un procedimento normale.
Da tenere da ultimo presente che l’inadempimento dell’obbligo alimentare, a fronte di un effettivo stato di bisogno del figlio, potrebbe rilevare anche sul piano penale: l’art. 570 c.p., infatti, sanziona la “violazione degli obblighi di assistenza familiare”.
Buona fortuna…
SilviaSilvia De SanctisModeratoreGentile Laura,
capisco la sua rabbia di fronte ad una burocrazia che non si piega davanti alle diversità umane…
Premetto che si considerano “invalidi civili” i cittadini affetti da minorazione fisica, psichica e sensoriale che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiore ad un terzo o, se minorenni, che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età.
Le cause che possono provocare questa ridotta capacità possono essere riconducibili a motivi fisici e mentali.
Il soggetto interessato deve inviare apposita richiesta all’INPS tramite servizi on line, contact center o patronato e sarà poi valutato da un’apposita commissione medica.
Come da lei evidenziato, se il richiedente non si presenta alla visita verrà riconvocato in seguito; se non si presenta per due volte sarà considerato rinunciatario e la sua domanda perderà efficacia.
E’ possibile, però, richiedere la “visita domiciliare” (a casa)- tramite apposito certificato medico del medico curante – se il richiedente, per gravi motivi di salute, non è in grado di recarsi all’ASL. Sarà, poi, il Presidente della commissione ASL a valutare il merito della certificazione e a disporre o meno la visita domiciliare.
Parecchi giudici hanno riconosciuto tra i “gravi motivi di salute” per ottenere la visita domiciliare le patologie psichiatriche come quella del ragazzo della sua mail.
Un abbraccio.
Silvia19 Giugno 2017 alle 11:38 PM in risposta a: Figlio con il disturbo schizzoaffettivo rifiuta le cure #967Silvia De SanctisModeratoreGentile Elena,
la sua lettera ed il suo dramma mi hanno lasciata senza parole…
Andiamo sul concreto:
– vostro figlio è seguito da una struttura territorialmente competente? un CPS?Che diagnosi psichiatrica ha? Cosa sta facendo per voi lo psichiatra?Segue il malato? anche a domicilio? non mi sembra proprio..e allora iniziate pure con il fare un esposto alla procura per OBBLIGARE IL MEDICO che non cura il paziente in modo diligente A FARLO.
I CPS si DEVONO occupare della salute mentale di persone con più di 18 anni in tutti i loro aspetti (visite anche a domicilio, prescrizione e somministrazione di farmaci, assistenza presso strutture specializzate, assistenza presso gli ospedali…);
– IL GIUDICE PUO’ DISPORRE CHE UN PAZIENTE PSICHIATRICO VENGA MANDATO IN UNA STRUTTURA:per ottenere questo dovete fare denuncia ai carabinieri ed alla procura della repubblica (meglio sempre se aiutati, purtroppo, da un avvocato) spiegando e documentando tutta la situazione;
– ricordiamoci, anche, che il TSO ha una durata massima di sette giorni ma può essere, su richiesta di uno psichiatra,prorogato “più volte” (la legge non stabilisce il numero massimo di volte);
– in teoria nel nostro Paese è stata costruita un’ampia rete di servizi territoriali: i Dipartimenti di Salute Mentale sono l’insieme delle strutture e dei servizi che hanno il COMPITO di farsi carico della cura, assistenza e tutela della salute mentale (tramite: Centri di Salute Mentale, Centri Diurni, Strutture Residenziali, Servizi Psichici di Diagnosi e Cura, Day Hospital…);
– chiamate SEMPRE i Carabinieri in caso di necessità contingenti che serviranno anche come prova e documentazione per ottenere la struttura di ricovero.
Non ho altre parole che augurarvi con affetto buona fortuna in un Paese dove la teoria è buona ma la realtà molto distante…
SilviaSilvia De SanctisModeratoreCara Roberta,
condivido pienamente quanto detto dall’amico Lucio soprattutto sulla necessità di allontanare sua figlia dal nucleo familiare per un periodo di tempo sufficiente a farle riacquistare un discreto equilibrio; continuare questa convivenza nel costante timore di qualcosa di catastrofico non aiuta nessuno e, men che meno, sua figlia malata.
I medici che hanno in cura la ragazza non possono continuare a minimizzare il problema e a ribaltarlo sulla famiglia: il medico che non segue il malato grave e violento in modo adeguato non sta facendo il suo dovere e bisogna COSTRINGERLO a farlo, con raccomandate prima e con esposti e denunce a seguire. Non si faccia alcun problema a farlo!! Il medico specialista ha tante possibilità di agire e, tra l’altro, può richiedere alla Procura l’allontanamento dall’abituale residenza del malato in caso di “molestie” di vario genere in ambito familiare.
Anche lei, riguardo eventuali strutture di ricovero, appoggiandosi preferibilmente ad un avvocato, può esporre denuncia ai Carabinieri e alla Procura della Repubblica spiegando e documentando tutta la situazione; il tutto verrà poi esaminato dal Giudice che, se riterrà il malato pericoloso per sé e/o per gli altri, allora potrà disporre che venga mandato in una struttura (OPG).
Sicuramente utile, come ha evidenziato Lucio, la nomina di un Amministratore di sostegno che ha proprio l’obiettivo di dare aiuto alle persone che hanno bisogno di protezione anche solo momentanea.
Non dubiti mai, cara Roberta, che l’allontanamento di sua figlia, almeno per un periodo medio-lungo, porterà benefici a tutta la famiglia ed alla stessa malata.
Da ultimo, non si faccia MAI problemi a chiamare i carabinieri o la polizia in caso di contingente necessità di tutelare lei stessa o altri componenti della sua famiglia da comportamenti pericolosi e minacciosi di sua figlia.
Auguri per tutto.
Un abbraccio.
Silvia de SanctisSilvia De SanctisModeratoreGentile Fabio,
Mi spiace per la difficile e complicata situazione in cui si trova…
Per chiarire un pochino:
– come già da Lei evidenziato, i “diritti” vari sono sempre in egual misura su entrambi i figli e , comunque, essendo sua madre ancora in vita e la casa intestata alla stessa non ci sono diritti sulla casa da avanzare su suo fratello;
– mi sembra di capire che suo fratello sia seguito da una struttura territorialmente competente: cosa sta facendo lo psichiatra? Segue il malato? Anche a domicilio? Mediante invio di lettere raccomandate in prima battuta e esposti in caso di insuccesso si può agire “obbligando” il medico che non cura in modo diligente il paziente a farlo;
– per eventuali strutture di ricovero: può esporre denuncia ai Carabinieri ed anche alla Procura della Repubblica spiegando e documentando tutta la situazione; il tutto verrà esaminato dal giudice che, se riterrà il malato pericoloso per se’ e/o per gli altri allora potrà disporre che venga mandato in una struttura (OPG);
– la legge disciplina l’iter procedurale per l’Amministratore di Sostegno: si attiva con un ricorso presso il giudice tutelare e non richiede l’assistenza legale. Il giudice tutelare provvede “entro 60 giorni”dalla data della richiesta alla nomina dell’AdS. Tutte le figure di protezione giuridica sono scelte preferibilmente nell’ambito familiare (coniuge, figli, fratelli…) e comunque non possono ricoprire la funzione di AdS gli operatori dei servizi pubblici che hanno in carico il beneficiario;
– non si deve mai fare problemi a chiamare subito i carabinieri in caso di necessità contingente.
Auguri per tutto.
SilviaSilvia De SanctisModeratoreGentile papà Massimo,
mi sembra di capire che al momento suo figlio sia in casa con voi e che il quesito principale sia quello sulla eventuale indennità di accompagnamento.
A tale proposito, l’indennità di accompagnamento è una prestazione eccezionale erogata dall’INPS a favore degli invalidi civile. Viene riconosciuta ai soggetti che presentino un’invalidità al 100% e ai soggetto mutilati che non siano in grado di svolgere in autonomia le azioni di vita quotidiana.
A far sorgere dubbi sulla possibilità di estensione dell’indennità di accompagnamento anche ai soggetti che presentino patologie di carattere neurologico e mentale è il requisito richiesto dell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore o l’incapacità di compiere gli atti di vita quotidiana.
A togliere ogni dubbio al riguardo è stata la Corte di Cassazione che, con la sua sentenza n. 5031 del 2016, ha chiarito che l’indennità di accompagnamento deve essere riconosciuta anche a chi, pur essendo capace di compiere gli atti della vita quotidiana, necessita comunque della presenza costante di un accompagnatore a causa di gravi disturbi nella sfera intellettuale o cognitiva tali da non renderlo in grado di svolgere tali atti nei modi o nei tempi adeguati per salvaguardare la propria salute e dignità.
Perciò si può affermare che l’indennità di accompagnamento deve essere riconosciuta anche ai malati psichici.
Per quanto riguarda l’importo di tale indennità erogata dall’INPS, nel 2017, visto l’aumento del costo della vita, è salito a 533,22 euro al mese.
Ricordo che l’invalidità deve essere, anche per le malattie psichiche, al 100% e ricordo, inoltre, che l’indennità di accompagnamento, è compatibile con lo svolgimento di attività lavorativa e che non sono previsti limiti di reddito.
Per presentare la domanda:
– chiedere al medico di famiglia il rilascio di un certificato medico che attesti la % di invalidità;
– trasmettere l’apposito modulo di domanda dell’indennità all’INPS (anche tramite caf o patronato);
– l’Inps fissa una visita medica presso la commissione medica Asl;
– attestata la presenza dei requisiti necessari la commissione medica trasmetterà la documentazione all’INPS che potrà provvedere al pagamento dell’indennità di accompagnamento.buona fortuna…
un abbraccio.
Silvia
9 Aprile 2017 alle 8:34 AM in risposta a: CSM PROPONE RICOVERO IN CASA DI RIPOSO CON CONTRIBUTO ECONOMICO FAMILIARE #934Silvia De SanctisModeratoreGentile Concetta,
evidenzio subito che ritengo il ricovero presso una RSSA una buona opportunità per suo fratello ma…torniamo un pochino indietro.
La Legge 328/2000 “legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” è la legge per l’assistenza, finalizzata a promuovere interventi sociali, assistenziali e sociosanitari che garantiscano un aiuto concreto alle persone e alle famiglie in difficoltà.
Uno dei principi fondamentali della legge è l’integrazione tra interventi sociali e sanitari; trattasi di prestazioni in cui è difficile distinguere l’incidenza sulla salute degli interventi sociali rispetto a quelli sanitari.Proprio per questo nelle legge ci si riferisce, tra gli altri, espressamente, agli interventi nei confronti degli affetti da patologie psichiatriche. La legge dà evidenza, proprio come giustamente preteso da lei per suo fratello, ad una protezione sociale attiva, facendo diventare le RSSA, per lo meno nella teoria, luoghi di prevenzione e promozione dell’inserimento della persona nella società valorizzando le capacità del singolo paziente.
Certo, questa è la previsione della legge…poi, come sempre, bisognerebbe capire la singola struttura indicata per suo fratello come mette in pratica questo inserimento sociale e questa valorizzazione (corsi, momenti sociali, incontri…).
E’ proprio la legge 328/2000 che stabilisce che le rette di ricovero sono a carico in parte del sistema sanitario nazionale, in parte a carico dei Comuni con la partecipazione dell’utente a seconda del reddito suo e dei famigliari. Le varie percentuali di contribuzione variano, quindi, a seconda del Comune, del reddito fiscalmente imponibile del malato e/o famigliari, dall’intensità dell’assistenza prevista, dal giorno di decorrenza…
La saluto con la speranza che suo fratello riesca ad entrare in una struttura che veramente abbia messo in atto quanto previsto dalla legge per questi malati per noi “speciali”…un abbraccio.
Silvia1 Novembre 2016 alle 2:39 AM in risposta a: Schizofrenico, genitori anziani e invalidi, due ragazzine minorenni #864Silvia De SanctisModeratoreGentile Rosa,
Sicuramente la sua è una situazione familiare complessa e di difficile gestione.Per prima cosa potrebbe cercare di “spiegare”, possibilmente sottintendendo una velata minaccia, a suo fratello, per convincerlo ad assumere i farmaci, che, dinanzi al rifiuto di un malato psichico di curarsi, lo psichiatra del CPS potrebbe disporre il ricovero forzato (TSO) presso i reparti di psichiatria degli ospedali pubblici.
Il TSO consente proprio di effettuare determinati accertamenti e terapie ad un soggetto affetto da malattie mentali che rifiuti il trattamento farmacologico.Per quanto riguarda l’allontanamento da casa e l’accoglienza in eventuali strutture di ricovero, potrebbe esporre denuncia alla Procura della Repubblica spiegando e documentando tutta la situazione che verrà poi esaminata dal giudice che, se riterrà il malato pericoloso per se’ e/o per gli altri, potrà disporre che venga mandato in una struttura (OPG). A questo proposito, però, dubito fortemente che la sola convivenza con genitori anziani e la vicinanza di familiari minorenni, in assenza di concrete “molestie” di vario genere, possa far ricorrere la circostanza per l’allontanamento forzato da casa.
Mi sembra di aver capito che suo fratello è seguito dal CPS territorialmente competente: cosa sta facendo lo psichiatra? Segue diligentemente il malato? Lo segue anche a domicilio? Tenga sempre a mente che si può agire “obbligando” il medico che non cura in modo diligente il paziente a farlo, mediante invio di lettere raccomandate in prima battuta e mediante esposti in caso di insuccesso. A volte, comunque, è sufficiente la semplice “minaccia” di quanto sopra per attivare e sensibilizzare lo psichiatra al caso di specie (anche lo psichiatra potrebbe “minacciare” di TSO suo fratello in caso di non assunzione di farmaci ritenuti dallo stesso indispensabili).
Un abbraccio.
Silvia de Sanctis
Silvia De SanctisModeratoreGentile Fabio,
Leggendo la sua mail mi sembra di aver percepito che ad oggi quello che più manifesta e’ il bisogno di tutela e di miglioramento della sua situazione attuale.Solo una piccola premessa sul reato di “stalking” da lei citato:il reato di stalking (di cui all’art. 612 bis c.p.) si configura quando qualcuno compie una serie – prolungata nel tempo- di atti tanto da fare violenza psicologica nei confronti della vittima ingenerandole uno stato di ansia o paura oppure costringendola a cambiare abitudini personali (es. cambio residenza, numero di telefono…)oppure ingenerandole un fondato timore per la propria incolumità’ personale.
Alla luce di quanto sopra, qualora dovesse ritenersi vittima di stalking potrebbe, in prima battuta e visto comunque l’affetto che la lega a Paolo, valutare l’opportunità di redigere un esposto e presentarlo al questore; tale atto consente alla questura di comporre in modo “amichevole” la questione convocando la persona segnalata (Paolo) e invitandola a tenere un comportamento conforme alla legge.
Questo non ha alcun effetto o conseguenza amministrativa o penale per la persona segnalata ma serve a farle conoscere di essere stata segnalata come causa di disturbo nei confronti di altre persone.Al di là di questa ipotesi di reato lei ha comunque la possibilità di chiedere aiuto allo psichiatra del servizio territoriale competente oppure di chiamare i vigili urbani o i carabinieri in caso di manifestazioni eclatanti e/o pericolose (minacce di suicidio, minacce a lei o ad altri…).
Per quanto riguarda poi eventuali strutture di ricovero, pure da lei menzionate, può esporre denuncia alla Procura della Repubblica spiegando e documentando tutta la situazione che verrà poi esaminata dal giudice che, se riterrà il malato pericoloso per se’ e/ o per gli altri, potrà disporre che venga mandato in una struttura (OPG).
Non ho ben capito se Paolo è seguito in qualche CPS, nel qual caso si potrebbe anche “agire” su questo fronte, “obbligando” il medico che non cura in modo diligente il paziente a farlo, tramite raccomandate prima ed esposti dopo; lo psichiatra stesso, inoltre, potrebbe disporre, sulla base dell’esistenza di determinate condizioni, il ricovero forzato (TSO) presso i reparti di psichiatria degli ospedali pubblici.
Non mi resta che augurare buona fortuna a lei e a Paolo.
Silvia
Silvia De SanctisModeratoreCaro Weird,
Dinanzi al rifiuto di un malato psichico di curarsi lo psichiatra può in effetti far ricorso al TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) per cui il paziente viene portato anche contro la sua volontà nell’SPDC della sua zona.
Il TSO ( istituito dalla legge Basaglia) consente proprio di effettuare determinati accertamenti e TERAPIE ad un soggetto affetto da malattie mentali che rifiuti il trattamento farmacologico. Il TSO, che comunque per la sua attuazione necessita di determinati requisiti di gravità della malattia, e’, in teoria, finalizzato alla tutela della salute e sicurezza del paziente.
Nel tuo caso, visto il rapporto di fiducia che ti lega con la tua psichiatra da tanti anni, mi permetto di consigliarti di seguire la terapia che ti ha prescritto per poi eventualmente concordare insieme una graduale diminuzione del farmaco o la sostituzione dello stesso con altro meno forte.
Silvia de SanctisSilvia De SanctisModeratoreCaro Dario,
Da un punto di vista generale la tematica del diritto di accesso alla cartella clinica ed ad altri documenti sanitari si lega a quella più generale del regime di trattamento dei dati personali in ambito sanitario contenuta nel “codice in materia di trattamento dati personali di cui al D.Lgs n. 196/2003.
Gli aventi diritto cui è riservato il rilascio della cartella clinica e materiale sanitario sono individuabili in:
– il paziente stesso;
– soggetto munito di delega scritta del paziente;
– medico curante;
– autorità giudiziaria;
– tutore/curatore in caso di paziente interdetto o inabilitato per incapacità di intendere e volere;
– amministratore di sostegno (nominato se l’interessato si trova nell’impossibilità , anche parziale e temporanea, di provvedere ai propri interessi).
La moglie di suo fratello non è persona avente la possibilità di rilasciare deleghe per la visione del materiale sanitario del paziente (a meno che la stessa sia anche tutore/amministratore di sostegno del malato).
Sicuramente lei potrà tentare di parlare con i medici curanti di suo fratello per avere informazioni circa la malattia e la relativa cura, ricordando però che, in generale, non si può obbligare il medico ad un incontro con i familiari in quanto esiste la legge sulla privacy per cui i medici possono rifiutarsi di dare ai familiari informazioni sui malati e ricordando, dall’altra parte, che chiedendo al giudice che sia nominato un tutore o amministratore di sostegno si può costringere il medico a dare allo stesso tutte le informazioni.
Buona fortuna.
Silvia de Sanctis11 Settembre 2016 alle 8:14 AM in risposta a: doveri di genitori divorziati e con figlio schizofrenico #853Silvia De SanctisModeratoreGentile Laura,
Partiamo dal fatto che il dovere di ENTRAMBI i genitori di “mantenere, istruire ed educare i figli” è principio indiscutibile dell’ordinamento giuridico e si applica anche quando i genitori si separano.
In caso di separazione, a norma dell’art. 337 ter cc , è il giudice a fissare la misura e il modo con cui ciascun genitore deve contribuire alla cura dei figli sulla base del principio di “proporzionalità”.
Mi sembra di capire che lei vorrebbe chiedere un aumento del contributo mensile del suo ex marito: tra le circostanze più comuni che spingono a chiedere al giudice una modifica delle condizioni di separazioni sicuramente rientrano le aumentate esigenze dei figli – come la sua. La revisione del l’assegno però non è automatica ma richiede un provvedimento del Giudice per cui si dovrà rivolgere ad un avvocato.
Per quanto riguarda il suo dubbio sulla richiesta di indennità di accompagnamento, posso dirle che è un sostegno statale corrisposto dall’INPS e ne hanno diritto coloro che hanno ottenuto il riconoscimento di un’invalidità totale al 100% accertato dalla competente commissione sanitaria in presenza di TOTALE inabilità.
Questo anche a seguito di disturbi psichici, come chiarito dalla Cassazione in alcune pronunce del 2015.
L’importo dell’indennità di accompagnamento mi sembra si aggiri sui 510 euro/mese e per richiedere il riconoscimento di invalidità e indennità è necessario presentare una domanda alla Commissione Medica per invalidi civili della ASL di competenza ma per questa procedura è bene farsi assistere da un patronato sindacale, un’associazione o un avvocato.
Non mi resta che augurarle, con affetto, buona fortuna…
Silvia de SanctisSilvia De SanctisModeratoreGentile signora,
Capisco molto bene la sua situazione ma purtroppo non ho belle notizie da darle.
I cittadini con disagio psichico possono rivolgersi, per chiedere assistenza sanitaria, riabilitativa e sociale, ai Centri Psico Sociali che dipendono dai Dipartimenti di Salute Mentale delle Aziende Ospedaliere.
Concordo con lei sul fatto che è indegno che il malato di mente, unico tra tutti i malati, non sia libero di scegliere ne la struttura ne il medico presso cui farsi curare.
IN TEORIA è un diritto costituzionale garantito a tutti i malati la libertà di scegliere il medico ma IN PRATICA da sempre rifiutato ai malati mentali, costretti ad utilizzare le strutture del territorio per una sorta di principio di “territorialità “, anche nel caso di assenza di empatia tra medico e paziente (fattore importantissimo nelle malattie psichiche)o, ancora più grave, anche nel caso, come il suo, di inefficacia o assenza di strutture.
L’interesse del malato dovrebbe sempre prevalere su eventuali ragioni amministrative interne all’organizzazione ma nel nostro caso non è così…solo in rarissimi casi, in cui si è raggiunto un accordo tra i due CPS, il paziente è riuscito ad ottenere un trasferimento.
Per quanto riguarda l’inadeguatezza dell’assistenza da lei ricevuta la rimando alla mia risposta data alla sig.ra Caterina in cui sottolineo che la struttura ed i relativi medici vanno “costretti” a fare il loro dovere diligentemente tramite raccomandate, in prima battuta, e, a seguire, esposti e denunce.
Anche per eventuali strutture di ricovero può esporre denuncia alla Procura della Repubblica spiegando e documentando tutta la situazione che verrà poi esaminata dal giudice che, se riterrà il malato “pericoloso”, potrà disporre che venga mandato in una struttura.
Un caro saluto.
Silvia de Sanctis -
AutorePost