La morte del fratello
Sono Francesca, ho 36 anni e fino ad un mese fa, ho vissuto, insieme ad i miei genitori, la grave malattia mentale di Fabio, mio fratello, malato di schizofrenia paranoide.
Fabio apparteneva a quella categoria di persone che mettono paura per la sua patalogia, abbiamo combattuto per 12 anni contro la sua malattia e contro lo schiacciante senso di impotenza e di solitudine.
Ora però è cambiato tutto …già … Fabio, mio fratello, più piccolo di me di soli 4 anni e mezzo, il 1° dicembre 2010 (quindi poco più di 2 mesi fa) si è tolto la vita, gettandosi dal balcone di casa -7° piano – tra la notte del 30 novembre e del 1° dicembre.
Il 1° dicembre scorso è stato il giorno più terribile, più angosciante, più lancinante della mia vita, della nostra vita, Fabio con questo gesto ha deciso di smettere di soffrire, ha cercato in un’altra vita, così diceva lui, una vita migliore.
Il tempo si è fermato a quel tragico giorno, la mia vita non è più la stessa, così come non è più la stessa quella dei miei genitori. Non riesco ad andare avanti, sono ancora ferma a quel momento, ogni istante della giornata penso a cosa avrà provato Fabio, alla disperazione che lo ha spinto a compiere quel volo senza ritorno. Cerco delle spiegazioni, ma non le trovo.
Il mio è un dolore di sorella. Niente a che vedere con la sofferenza di un genitore che ha vissuto l’inferno della malattia mentale ed ora vive il dolore più lancinante per non essere riuscito ad aiutare il proprio figlio e l’angoscia di averlo perso per sempre!
Ogni giorno dell’anno ci siamo sentiti soli, abbiamo provato dolore, disagio ed impotenza, i miei genitori si sono sentiti sempre più schiacciati dal problema che pian piano gli ha divorato la giovinezza e l’anima.
Come ben saprete, un malato schizofrenico non accetta di essere malato e spesso non si vuole “curare”, non vuole prendere gli psicofarmaci, infatti, come era già successo in passato, da agosto scorso Fabio aveva smesso di prendere le medicine, con caparbietà e tenacia Fabio ha sempre sostenuto di stare bene e che i malati eravamo noi che lo supplicavamo di prenderle. La famiglia non ha l’autorità sufficiente per imporgli di prendere regolarmente le medicine, tanto che mamma lo ha anche “curato” di nascosto più volte, almeno per tentare di alleviargli le sofferenze che i deliri e le allucinazioni gli provocavano, ma questa non è vita né per il malato né per i familiari.
Il nostro pellegrinaggio da psichiatra in psichiatra (a pagamento) è iniziato nel 1998, per giungere nel 2002 al CIM dell’ASL Roma D .
La vita di Fabio e di conseguenza la nostra è trascorsa in modo altalenante abbiamo vissuto periodi di super eccitamento e momenti di grande stasi, poi nel marzo del 2008 abbiamo provato un’esperienza molto forte, il ricovero coatto di Fabio presso l’ospedale Forlanini di Roma (TSO), quello fu un momento in cui ci rendemmo conto del male e di quante sono le persone che hanno questa malattia ed è per questo motivo che non si può far finta di nulla perché gli episodi di follia investono sempre più la nostra società.
Ricordo con estrema precisione la sera che con i miei genitori andammo a trovare Fabio in ospedale dopo circa una settimana dal suo ricovero coatto. Per sua volontà, infatti, non ci recammo nei primi giorni: era molto adirato con mia madre che aveva chiamato il 118. Lo trovammo perso nei suoi deliri, trasandato, sporco, sembrava un barbone che invece di dormire sul ciglio della strada stava su un materasso.
Dopo la sua uscita dal Forlanini (vi rimase per circa 1 mese e mezzo) la situazione non migliorò, il problema era sempre quello … Fabio non voleva prendere gli psicofarmaci perché era convinto di stare bene e proprio questo che non poteva stare da solo in quanto non si “curava”, ed in una situazione di solitudine poteva solo che peggiorare, ma neanche i miei genitori potevano essere abbandonati a meno che non si decida di farli ammalare anche loro (ammesso che non lo siano già!).
Ed ora? Ora è tutto finito!
Sono diventata figlia unica!!
Fabio non c’è più, ha scelto un’altra strada per star meglio, la più dolorosa per chi gli ha voluto bene. Ho deciso però di avere coraggio e di raccontare una piccola parte della storia della mia famiglia, sperando che si possa fare un passo in avanti nel dare un futuro migliore e più dignitoso ai malati mentali ed alle loro famiglie.
Francesca