VITTIME DELLA 180
Le testimonianze che mostrano come la 180 sia inefficienza, crudeltà, sfruttamento, superstizione

Vittime della 180

Dimostrare che la legge 180 è dannosa e, spesso, omicida

Morte in contenzione

Quello che è capitato a Francesco Mastrogiovanni può capitare a tutti. Ed è capitato ad altri. Uno stimato imprenditore che ha avuto l’inaccortezza di contestare un comizio politico, è stato ricoverato in psichiatria in contenzione e ci ha lasciato le penne.    Alcuni nostri ragazzi sono stati in contenzione per una settimana, in condizioni disastrose.    Tutti esempi di come sia pericoloso il potere lasciato dalla 180 agli psichiatri, di come sia inefficiente e delinquenziale spesso la struttura  e di come siano carenti i controlli.  Ma lasciamo parlare il testimone, che è medico e quindi  può parlare a ragion veduta:

Francesco Mastrogiovanni  si dichiarava “anarchico”.   Odiava le divise; anzi, gli mettevano paura, e la cosa è leggermente diversa. Nulla esclude che i soliti sceriffi del potere, abbiano fatto ricorso al TSO per  reprimerne la libertà che lui tanto decantava e perseguiva nel suo modo d’essere.  Era  sganciato da ogni compromesso, da ogni possibile ricatto e sottomissione  a qualunque potere costituito. Peraltro  era un maestro di scuola elementare amatissimo dai suoi alunni; non aveva mai dato fastidio a nessuno, la collettività lo amava e rispettava.      Incorse nel 2004 nel primo TSO ma le dinamiche del ricovero, come quelle dell’ultimo che lo ha portato a morte, restano tutte da chiarire. Il TSO  del 31 luglio 2009, attuato contro ogni regola di diritto e di territorialità, che lo condusse a morte nell’Ospedale di Vallo della Lucania (SA) fu ordinato dal Sindaco di Pollica, Vassallo, deceduto anche lui in un agguato mafioso l’anno successivo.

Peraltro, come ben si sa, l’avallo del sindaco, è spesso se non sempre,  formale.   Restano tutte ancora da chiarire le contraddizioni nei verbali, l’evidenza testimoniale, le dinamiche rocambolesche di “cattura” che dispiegarono forze come se si trattasse di un pericoloso delinquente. “Non portatemi all’Ospedale di Vallo che stavolta mi fanno fuori!” . Una tragica ed azzeccata premonizione. Al momento della cattura, si sottomise docilmente alla terapia con antistaminici e benzodiazepine (associazione controindicata), dopo qualche ora giunge tranquillo e sedato a Vallo della Lucania dove gli somministrano ulteriore terapia, senza alcuna necessità. Di quanto affermato dal momento del ricovero alla morte, fa fede un video miracolosamente salvato dalla sovrascrittura. Mi sono interessata al caso, da semplice medico, dopo averlo appreso dalla trasmissione MI MANDA RAI 3: rabbia, sgomento ed indignazione per l’ennesima vita umana sacrificata alla malasanità.

Il Comitato cittadino mi inviò  ad Aprile 2010 tutti gli atti: gli interrogatori degli imputati, la perizia necroscopica, la cartella clinica, il video; il mio sconcerto cresceva man mano che analizzavo i documenti. Scoprii, da  semplice medico, ciò che era sfuggito perfino ai legali di famiglia: TUTTI  gli imputati avevano mentito agli inquirenti affermando che il paziente era stato nutrito con flebo. In realtà aveva ricevuto solo soluzione fisiologica e glucosata in dosi non sufficienti per la sua stazza  (oltre mt 1,90 per 97 kg) e per il caldo e le circostanze di quel periodo. Nessuna nutrizione parenterale ed addirittura tutto il giorno 1 agosto lasciato per 36 ore senza alcuna idratazione.  Immediatamente contenuto anche senza necessità, mai slegato, costretto in una posizione antifisiologica con i piedi basculanti fuori dal letto a causa della statura. Impossibilitato a girarsi perfino di fianco. Nessuna annotazione in cartella della contenzione.    Del resto le linee guida su ASO e TSO erano del tutto sconosciute a medici e personale e sono state diramate dalla Regione Campania solo dopo la morte di Franco. Il reparto infatti non aveva i requisiti per essere definito tale, non aveva alcuna strumentazione d’emergenza, non poteva giovarsi di alcuna consulenza  durante la notte. Insomma un servizio nato tanto per riempire un vuoto e non per soddisfare i reali bisogni assistenziali dell’utenza.  Dunque, in un reparto che somministra terapie aritmogene e dannose per fegato e reni,  non fu nemmeno fatto un ECG all’ingresso e gli esami di routine. La routine venne chiesta dopo bel tre giorni di ricovero e NESSUN MEDICO si preoccupò di  chiedere i risultati degli esami che ERANO TUTTI ALTERATI.  La stampa degli esami venne  richiesta SOLO il giorno 4, ossia  DOPO la morte di Mastrogiovanni. Mi resi conto di ciò verificando i numeri seriali di richiesta  e comunicai immediatamente tutte le mie tragiche scoperte al collegio difensivo ed al Comitato.   Francesco Mastrogiovanni  aveva bisogno di cure ben diverse da un TSO; aveva anche una fibrosi epatica da epatite C, il ferro bassissimo, un’infezione urinaria… ma nessuno se n’è preoccupato. Neppure un ECG durante il ricovero, un solo controllo pressorio, un solo bidet, due soli cambi di pannolone, nessun colloquio, nessuna umanità.  Mi chiedo se questa possa essere definita “psichiatria” o se non si tratti di esercizio delinquenziale  ed autorizzato della professione medica.  Il potere detenuto dalla psichiatria è terribile.          I detentori del “potere di psichiatrizzazione” dovrebbero ricordare di essere innanzitutto medici che dovrebbero aver studiato la biologia, la fisiologia, la semeiotica, e saper padroneggiare quegli strumenti di diagnosi che non possono prescindere dall’esame del corpo umano prima ancora che della sua psiche.

Molte condizioni organiche causano comportamenti simil psicotici  e doverosamente bisogna indagarle ed escluderle, prima di catalogare un paziente come “psichiatrico”. Conosco  casi di persone normalissime che si sono miracolosamente salvate dalla psichiatrizzazione forzata, dalla medicalizzazione farmacologica e forse dalla morte. A Francesco Mastrogiovanni è andata male, come a tanti morti che la psichiatria violente e criminale ha causato e che non avranno mai la fortuna di assurgere alla cronaca per esigere giustizia. Credo che la popolazione civile debba necessariamente prendere atto di questa piaga  assistenziale, di questa perversione terapeutica che infetta l’Italia da Trieste  (centro della sedicente psichiatria Basagliana….) alle isole. Credo che sia ora, per le varie associazioni che si contendono il primato di visibilità, di unirsi in un intento comune e lottare affinchè la stampa e le televisioni comincino  a trattare con continuità ed onestà intellettuale il dramma della psichiatria gestita da psicopatici, criminali, o incompetenti;  la psichiatrizzazione violenta, le morti, le omissioni e commissioni, le negligenze a danno di cittadini inermi e purtroppo anche dei loro famigliari;  e finalmente si consenta la pubblica denuncia  con un inevitabile intervento che sia principalmente politico, su/in  un  sistema marcio e al momento fuori da ogni controllo Per questo obiettivo di civiltà mi appello ai colleghi medici, a quegli psichiatri che professionalmente  e magistralmente esercitano la loro professione per aiutare i pazienti, nel rispetto della dignità, della libertà terapeutica ed infine dei protocolli. Senza di loro, senza la voce dei migliori, non si potrà cambiare nulla. Le rivoluzioni partono dall’interno di un sistema. Ecco perché chiedo ai colleghi e psichiatri  “perbene” di uscire allo scoperto, unirsi, levare la loro voce di condanna ed  esprimersi, denunciare ed agire  senza avere paura, mettendo da parte i piccoli interessi personali e considerando  che c’è un valore sopra tutti: la vita e il diritto di essere vissuta nel migliore dei modi anche  e soprattutto nella difficoltà  e diversità dei malati e di chi, socialmente e contrattualmente, è più debole ed inerme.

Dott.Agnesina Pozzi, medico.